Gesù gli risponde:<< Và, tuo figlio vive>>. Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino (Gv 4,50).

sabato 18 febbraio 2012

29/01/2012 1° Incontro

FAMIGLIE IN CAMMINO: CAMMINANDO SUL “PADRE NOSTRO ”

La figura del “PADRE” nella Bibbia.
Abramo e il sacrificio di suo figlio Isacco (Gn 22,1-19)

“Dopo queste cose”: il capitolo inizia con queste parole ed ognuno di noi oggi è il risultato delle proprie storie.Dio conosce le nostre storie, sa cosa c'é dietro ai nostri occhi, sa cosa c'é dentro lo zaino che portiamo sulle spalle. E se non abbiamo fatto pace con le nostre storie, non possiamo andare avanti.

“Dio mise alla prova Abramo”: E' un'espressione ricorrente nella Bibbia. Anche a Giobbe fu detta la stessa frase dai suoi amici. Ma se Dio è buono, se Dio sa già tutto, cosa gli devo provare? Ma chi è Dio? Una specie di giudice, che ci sottopone a dei test con una serie di ostacoli che dobbiamo vincere, superare per dimostrare di essere forti? Dio è un esaminatore che dà le bastonate e fa morire le persone? E allora, come mai Abramo gli obbedisce? Cos'é la prova per Abramo? Per Abramo la prova è chiedersi su cosa Dio mi vuole illuminare.
Per Abramo la prova consiste nello scoprire che cos'é la prova.

“Abramo, Abramo!. Rispose: Eccomi”:Dio chiama Abramo due volte; quando Dio chiama due volte è perché ha una predilizione, un affetto speciale. Abramo non ha con Dio un rapporto da avversari ma da amici, come due persone che si vogliono bene. Allora com'é possibile?

“Rispose: Eccomi”: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò”
In realtà Abramo aveva due figli, Isacco, il figlio avuto da Sara che amava e Ismaele, il figlio concepito con Agar, sua schiava quando il figlio della promessa tardava ad arrivare. Ismaele non è quindi il figlio della promessa ma della fretta di Abramo. E' la risposta umana al dolore, è quel fare umano che serve a riempire un vuoto. Ma Ismaele non risolve il vuoto di Abramo, è il figlio che egli si è dato da solo, ma le risposte false non servono, sono necessarie quelle vere. Isacco è il figlio della promessa è il figlio che Dio ha dato ad Abramo. Ecco perché Abramo, quando Dio gli dice:”prendi tuo figlio, il tuo unico figlio” capisce subito che si tratta di Isacco. Dio con Abramo è chiaro. Sono tante le persone che entrano nel nostro dolore, che vogliono sapere che cosa è successo: la verità..Se noi ci poniamo nell'ascolto, Dio è sempre chiaro.

“Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo ch gli aveva indicato”: Abramo, si alza, non si ribella, capisce. L'obbedienza di Abramo però non è da “santino”, col sorriso di plastica che ostenta una serenità che non ha. Abramo compie le cose con estrema lentezza infatti per ultimo prepara la legna per l'olocausto.Prende quindi tempo. Sta vivendo un travaglio. Spera che il processo si fermi, che Dio si fermi. Stare con il Signore non significa stare su chissà quale nuvola, ma vivere di questi travagli e silenzi. Ogni silenzio porta dentro un proprio travaglio. Altri, nel dolore, arrivano e devono chiaccherare, credono di avere le risposte, le combinazioni. Lo stesso è possibile riscontrarlo in un altro personaggio biblico: Giobbe. Egli è ciò che fanno i suoi amici che danno le risposte tenere. Abramo ci insegna che occorre un “Santo, Umile e Tenero Silenzio” per approcciarsi al cuore delle altre persone.

“Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo”: I tempi della nostra vita sono strani: ci sono tempi che sembra non scorrano mai, fatti di fotogrammi, ognuno dei quali ha un peso, una grandezza, una durata estremamente grandi. Altri, che corrono velocissimi, che non ti accorgi nemmeno come sei arrivato ad un certo punto. Tra accellerazioni e lentezze scorre la nostra vita ed Abramo si ritrova al terzo giorno senza rendersene conto. Ha viaggiato come in trance. Tre giorni sono un'espressione di tempo fondamentale che indica un tempo compiuto: Mosé-Giona-Lazzaro-Gesù...a testimonianza dei tre giorni, del tempo compiuto, che ognuno di noi vive nella propria vita.

“Fermatevi qui con l'asino, io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prosteremo e poi ritorneremo da voi...”
“Fermatevi qui”, non tutti possono venire con noi fino in cima al monte, ci sono persone che stanno con noi fino ad un certo punto. Ci sono cose che solo da soli possiamo fare ma soprattutto ci sono monti che non sono per tutti. C'é un tempo in cui gli altri parlano, dicono, consigliano, ma il “monte” è solo nostro, ci dobbiamo salire da soli. Ma c'é anche la tentazione di fermarsi alla base del monte e tornare indietro, ma lì ci sono solo le risposte dei servi. Abramo non si è fermato, ha alzato gli occhi e ha voluto vedere come andava a finire. “Vedere” è il verbo più usato in questo testo. D'altro canto, le cose in cima al monte si vedono in modo diverso. Guardare il monte ci dà il senso che I nostri cari sono arrivati. Noi intuiamo da lontano che ci sono, ma non li vediamo.

“E poi ritorneremo da voi”: Abramo anticipa che ritorneranno. Il suo cuore di babbo, mamma, intuisce, sa perché è il cuore di chi ama. Abramo dice la verità “ritorneremo”.

“Dov'é l'agnello per l'olocausto?” Abramo risponde: “Dio Provvederà...” Abramo con il suo cuore di genitore indovina di nuovo. E in fondo il nostro cuore di mamma, papà, sa....Dio, quando I nostri figli hanno lasciato questa terra, c'era nel nostro cuore. In quei momenti in cui neanche si riusciva a pregare, la forza da dove ci veniva? Solo da Dio. Perciò, se vogliamo ritrovare Dio, ripartiamo dal nostro cuore, cuore di mamma e di papà. Abbiamo Dio nel cuore del nostro essere genitori.

“Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio”: L'Angelo del Signore parla ad Abramo. Il “temi” voce del verbo temere è da considerarsi appartenente alla stessa radice di derivazione ebraica del verbo “vedere”.

“Dio provvederà...”: Abramo sta obbedendo e quando Dio ha parlato ad Abramo, gli si riempiono gli occhi nuovamente e vede l'ariete impigliato con le corna in un cespuglio.“Abramo chiamò quel luogo “Il Signore provvederà”...”sul monte il Signore provvede”.

“Poi Abramo tornò dai suoi servi”: Non troviamo parola del ritorno di Abramo con Isacco. Allora Isacco dov'é? Il cuore di un genitore è un cuore che sa rinunciare, annullarsi. Abramo ha comunque offerto, tagliato, consumato e ha sacrificato se stesso. Ha dato la sua vita. Padre e figlio comunque si separano. Il “sì” di Abramo ha permesso a suo figlio di trovare e prendere la sua strada.Ecco perché questa Parola ci chiama a riflettere sul nostro “Sì” di genitori. C'é stata una separazione fisica tra Abramo ed Isacco. Per dire “sì” ad un figlio bisogna dire un “no” a noi stessi. Quindi è stato il sacrificio del figlio o del padre? La frase “Dio mise alla prova Abramo” che significa? Il senso dell'essere genitori è il sacrificio. Dio da Abramo si è fatto vedere e sentire. Abramo ci dice che Dio lo possiamo ascoltare, che ci porta in cima al monte per farsi trovare e, trovando Dio, troveremo I nostri figli perché Dio nei nostri figli si è manifestato. Usiamo il nostro cuore di mamma e papà per vedere Dio e I nostri figli.  E dove troviamo Dio? Nei nostri cuori. S.Agostino dice rivolto a Dio: “io Ti ho cercato fuori, ma Tu eri dentro di me”.

“Ritorneremo da voi..” e' ciò che Abramo dice ai suoi servi. Nel distacco che viviamo come ci suona la parola:”saremo di nuovo insieme?” Il senso del nostro essere genitori è il consumarsi fino in fondo, è il sacrificio e la ricerca nel nostro cuore. “io non ti ho perso, figlio mio, ti ritroverò....ritorneremo..”. Ma come faremo a ritrovarli? La risposta è nel cuore di mamma e di papà. Lì, è dove il distacco diventa desiderio di ritrovarsi. “Sul monte li ritroveremo e.....torneremo”.

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